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Discernimento

LA VOLONTÀ DI DIO OGGETTO DEL DISCERNIMENTO

 

 

Volontà di Dio significa prima di tutto il disegno salvifico di Dio da tutta l'eternità, nascosto durante i secoli e rivelato ora attraverso Cristo (Ef. 1, 3-14).

Tale volontà di Dio viene offerta all'uomo nel chiaroscuro di segni da distinguere, fra i quali quello della presenza della croce di Cristo. Ciò richiede nel discernente il dono della fede, senza la quale ogni cosa divina è insigni­ficante dal momento che non corrisponde più ai criteri umani, soprattutto quando prende la forma storica di "pazzia per i gentili e stoltezza per i greci".

Il discernimento della volontà di Dio non lo possono dunque fare i "saggi e intelligenti" ma solo coloro che sono quei "piccoli" ai quali Dio ha rivelato "queste cose" (Mt. 11,25).

La fede è dunque il grande orizzonte dentro il quale (e coi criteri-valori del quale) siamo chiamati a situare il nostro discernimento.

L'Antico Testamento parla della volontà di Dio (o meglio delle volontà di Dio) intendendo con tale espressione le implicazioni di ordine morale che sono frutto della volontà salvifica di Dio e della fede in Lui (ciò che dobbiamo fare per entrare nel Suo progetto di salvezza).

 

Il pagano le discerne attraverso la voce della coscienza (Rom. 1, 19-21) illuminata dall'intelligenza.

L'ebreo, istruito dalla Legge, discerne con più chiarezza il comportamento morale e le disposizioni profonde che convengono all'uomo. Percepisce la Legge come un dono in stretta relazione con l'Elezione e l'Alleanza: la Legge è la trasudazione di un rapporto di amore tra i due partners, Dio e l'uomo; e ciò che essa esprime è veramente la volontà di Dio per l'uomo ed è anche la sua realizzazione, perchè è la volontà di quel Dio che ama l'uomo e che, entrando in relazione con l'uomo, gli dice: "tu sarai il mio popolo e io sarò il tuo Dio".

 

Con la venuta di Cristo e con il dono dello Spirito, la legge non è più solo una legge donata da Dio, ma è Dio stesso che abita e anima l'intimo dell'uomo. Il "...metterò dentro di voi uno Spirito nuovo..." si fa realtà con Cristo e il suo Spirito. Questi non potrà contraddire la Legge e parlerà nello stesso senso profondo della Legge. Le sue ispirazioni tuttavia, essendo interiori, possono essere più sfumate e delicate, cioè più adatte a inserirsi nella complessità e nell' "oscurità" della realtà. Saranno anche forza e luce,  ma potranno anche andare oltre le esigenze della natura umana e invitare talvolta a seguire il Cristo fino a quei punti della sua vita che sono apparsi follia per i greci e scandalo per i giudei.

            Si precisa allora ulteriormente il senso di "volontà di Dio": non si tratta solo di ciò che è "bene" in generale come colto dalla coscienza, dalla legge positiva divina e dallo Spirito Santo, ma di ciò che è "il meglio per me, qui, oggi", all'interno evidentemente di ciò che è "libero o indifferente", e che mi rende più   “Cristiforme”.

 

Nel Nuovo Testamento la volontà di Dio intesa in questo senso passa in primo piano. Dal momento che lo Spirito è stato comunicato a tutti in pienezza, è l'ascolto di ciò che Egli ispira a far conoscere la volontà di Dio ed Egli guiderà necessariamente secondo i desideri di Dio.      

 

Questa volontà di Dio non sarà conforme e corrispondente alle esigenze di ciascuno solo in quanto persona umana, ma anche in quanto divenuto, per gra­zia, figlio di Dio e fratello di Cristo.

Quali sono tali esigenze?

 

  1 Tess. 4,3: ...che viviate in modo degno di Dio...

  Rom. 12,1-2: ...non adattatevi...lasciatevi trasformare...

               ...comprenderete qual'è la volontà di Dio:...

  Fil: 1,9-10: ...ecco ciò che chiedo a Dio per voi:...

    Tale volontà di Dio non può essere determinata da prescrizioni della Legge, che devono necessariamente riguardare l'orizzonte e le direttive generali.

 

 Per discernerla c'è bisogno di:

 

* rinnovamento dell'intelligenza ...non più legata e informata solo da criteri  e visioni umane

 

* di una percezione affinata da una nuova sensibilità

 

* di una "unzione"  (presenza illuminante e trasformante) dello Spirito Santo (1 Giov.  2,20-27:  ...quindi conoscete tutta  la verità...).

 

Ed è a questo punto che il discernimento diventa discernimento "delle mozioni e del loro significato": scoprire ciò che è meglio per me, qui, oggi in quanto figlio di Dio e fratello di Cristo. E ciò non sempre è agevole e facile dato che "Satana si veste da angelo di luce..." (2 Cor. 11,14) e mischia le carte in tavola com­plicando il lavoro di discernimento.

 

Tra le difficoltà che incontriamo, la prima è quella di liberarci da un certo modo di pensare che dà al termine "volontà di Dio" delle connotazioni devian­ti.

 

Ad esempio, lo si usa per indicare gli avvenimenti che ci càpitano, ci "cadono addosso" senza che noi li abbiamo nè previsti, ne scelti. E' una concezione impropria e abusata. Non è ciò che ci capita che è volontà di Dio, soprattutto se ci capita un male. Volontà di Dio non è l'avvenimento in sè, ma che io viva bene ciò che mi càpita, che lo viva nella linea della mia identità profonda, cioè sulla linea della mia fede, per la quale continuo a credere che Dio mi ama anche quando il suo amore passa attraverso la mia sofferenza e non è così evidente agli occhi solo umani (come Gesù nell'orto degli ulivi: "Padre, passi da me... però sia fatta la tua volontà").

 

Come già visto per gli Ebrei, anche l'idea che abbiamo di Dio può influenzar­ci, facendoci pensare alla volontà di Dio su di noi come ad un piano predeter­minato e preciso che prevede tutte e ciascuna delle nostre scelte e le loro conseguenze. Dio ha tutto predeterminato per noi ?

Approfondiamo la questione esaminando l'allegato articolo di Michel Rondet s.j.: "Dio ha una volontà particolare su ciascuno di noi?"

 

  

 

DIO HA UNA VOLONTÀ PARTICOLARE SU CIASCUNO DI NOI?

Michel Rondet, S.I.

 

 

Posto in questi termini, l’interrogativo ci crea un certo imbarazzo. Vi sono dei giorni in cui vorremmo poter fare riferimento ad una volontà particolare di Dio, la quale sarebbe la nostra vocazione. Come sarebbe rassicurante e confortante nelle ore di dubbio e di difficoltà! Sapere che ciò si iscrive in un disegno di Dio previsto da tutta l’eternità, in cui ogni elemento della nostra vita, lieto o triste che sia, trova il proprio posto e il proprio senso!

 

Ma al tempo stesso, qualcosa protesta dentro di noi: Dio dunque ci porrebbe davanti un programma da riempire, stabilito al di fuori di noi, senza neppure darci dei mezzi sicuri per conoscerlo? Poiché se le parole hanno un senso e se si volesse parlare allora di volontà di Dio, quale peso non avrebbe tale volere divino sulla nostra libertà! E quale angoscia, inoltre, sarebbe per noi quando si trattasse di scegliere: ogni errore, qualsiasi ritardo risulterebbero drammatici. Correndo parallelamente al disegno di Dio, ponendoci pur involontariamente al di fuori del suo progetto, avremmo perduto tutto, rovinato tutto. E ciò tanto più facilmente in quanto sappiamo bene che le vie di Dio non sono le nostre vie, e ogni giorno ci rendiamo conto di quanto sia difficile e talvolta rischioso voler discernere quella che chiamiamo volontà di Dio. Che Dio ci abbia posti al crocevia, di fronte a più direzioni, di cui una sola sarebbe quella buona, senza darci i mezzi per riconoscerla con certezza, rientra nell’immagine di un Dio perverso e non può in alcun modo esprimere l’atteggiamento del Dio che è venuto a salvare colui che era perduto.

Tuttavia sappiamo bene che questo stesso Dio è colui che ci chiama con nostro nome e che il nostro incontro con Lui passa attraverso un cammino per noi particolare. Da Abramo a Pietro, la storia della salvezza abbonda di esempi di uomini chiamati ad una vita nuova per una missione precisa, la quale trova spesso il suo simbolo nel cambiamento del nome. D’ora in poi ti chiamerai Abramo, Israele, Pietro. La missione di Mosè, quella di Geremia o di Paolo, sembrano esattamente corrispondere a una volontà particolare di Dio, fino a segnare la loro vita di un’unicità che li conduce alla solitudine. Destini eccezionali o esemplari di ciò che noi tutti siamo chiamati a vivere?

 

1.   Un interrogativo mal posto

 

Quale sacerdote, quale educatore dovendo aiutare dei giovani a scegliere un orientamento di vita, non si è imbattuto un giorno in ragazzi e ragazze venuti a dirgli con speranza e angoscia: «Devo operare una scelta, voglio fare la volontà di Dio e non vorrei sbagliarmi, sarebbe grave; ma non so che cosa Dio si attende da me, e allora sono venuto da lei affinché lei mi dia i mezzi per saperlo con tutta certezza».

Rispondere ad una domanda posta in questi termini è impossibile; pretendere di farlo sarebbe quanto meno presuntuoso. Chi è in grado di porsi in tale consonanza con la volontà divina? Il discernimento, di cui diremo l’importanza, non ci rivela, tali e quali, i progetti di Dio su di noi; esso ci dispone a riconoscere entro i nostri desideri e le nostre attese quello che può richiamarsi allo Spirito di Cristo!

 

La sola risposta che possiamo dare alla domanda appena riferita è di dire a quel ragazzo o a quella ragazza: «La volontà di Dio non è, innanzi tutto, che tu scelga questo o quello ma che tu ne faccia buon uso; che scelga tu stesso, nei termini di una riflessione reale, scevra dall’egoismo come dalla paura, il modo più fecondo, più lieto di realizzare la tua vita. Tenuto conto di quello che sei, del tuo passato, della tua storia, degli incontri che hai fatto, della percezione che puoi avere dei bisogni della Chiesa e del

                                                                                                                                

mondo, quale risposta personale puoi dare agli appelli che hai colti nel Vangelo? Ciò che Dio si attende da te non è che tu scelga questa o quella via che Egli avrebbe previsto per te da tutta l’eternità; è che tu inventi oggi la tua risposta alla sua presenza e alla sua chiamata!».

Non si tratta più, dunque, di scoprire e di eseguire un programma prestabilito, ma di far nascere una fedeltà. L’esperienza mostra che è un cambiamento di prospettiva abbastanza radicale e che spesso richiede del tempo.

 

2. Una conversione in profondità

 

Vi è una parte di noi stessi che stenta alquanto a distaccarsi da un’immagine perversa di Dio, spesso ereditata dal deismo che ha segnato la cultura occidentale. Qui troviamo un Dio onnipotente, che tutto vede, che tutto sa, di fronte al quale la storia umana si svolge come uno spettacolo senza sorpresa e, che si attende che noi occupiamo il nostro posto di comparse là dove Egli lo ha previsto da tutta l’eternità.

Nessuno si esprimerà tanto brutalmente, ma non occorre raschiar molto per ritrovare quella immagine di Dio sullo sfondo di certi nostri modi di concepire la volontà di Dio, la sua provvidenza…

 

Certamente, vi è un disegno di Dio sulla umanità; le lettere di Paolo, il prologo del Vangelo di Giovanni hanno cercato di descriverlo: «In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,4-5). «A quanti però l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).

Questo disegno di Dio non è una determinazione qualsiasi di una volontà divina sovranamente libera, è un disegno salvifico che esprime l’essere profondo di Dio: l’amore che si dà e si comunica. È l’espressione dell’intima comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito che si apre ad un’alterità per accoglierla nel suo amore. Questo disegno d’alleanza ingloba tutta la storia e tutta l’umanità, ma poiché è volontà d’alleanza, desiderio di comunione, non può rivolgersi che a persone libere.

 

Quindi, è verissimo che vi è un desiderio da parte di Dio che raggiunge personalmente ciascuno di noi. Se Dio si manifesta attraverso il suo Verbo, la sua Parola, ciò è proprio per essere inteso da ognuno di noi. Se ci chiama ad essere figli nell’Unico Figlio, quello che Egli si attende da noi è che noi ci esprimiamo in una parola che vada a ricongiungersi con la sua. Questa parola, Egli l’attende da ognuno di noi. La rivelazione del suo amore può certamente farla nascere in noi: sta a noi pronunciarla senza che essa ci sia mai imposta. In altri termini, si potrebbe ancora dire che creandoci a sua immagine Dio chiama ognuno di noi a dare a questa immagine la sua particolare rassomiglianza. Come Gesù ha dato all’immagine del Padre un particolare volto umano, un accento unico alla sua Parola, ognuno è chiamato a riflettere nella sua vita la santità del Padre.

 

Il Dio di fronte al quale noi siamo non è dunque quel calcolatore straordinariamente potente, capace di programmare e di conservare nella propria memoria miliardi di destini individuali e che noi dovremmo interrogare con timore e tremore riguardo al nostro avvenire. È l’Amore che si è assunto il rischio di chiamarci alla vita, nella somiglianza e nella differenza, per offrirci l’alleanza e la comunione. È a questo volto di Dio che dobbiamo convertirci, se vogliamo poterci porre in verità al cospetto della volontà di Dio. Noi allora lo riconosceremo non più come un diktat o una fatalità, ma come una chiamata a una creazione comune.

 

3.  Per una creazione

 

La risposta che daremo a Dio non è iscritta da nessuna parte, né nel libro della vita, né nel cuore di Dio, se non come un’attesa e una speranza. La speranza di quello che Dio ancora non vede e al quale noi daremo forma e volto. È la grandezza e il rischio della nostra vita quella di essere chiamati a suscitare la gioia di Dio attraverso la qualità e la generosità della nostra risposta.

 

Le scelte che noi facciamo non sono quindi delle creazioni dal nulla. Noi le prepariamo con quei materiali che sono i condizionamenti umani: il nostro temperamento e la nostra storia. Noi non possiamo tutto, ma possiamo dar senso e volto a quello che non sarebbe altro che un destino. In questo sforzo di creazione personale in risposta alla chiamata di Dio, lo Spirito ci raggiunge, non come una forza esterna che si impone su di noi, ma come un’energia interiore suscitata in noi dall’accoglimento della parola di Dio e dalla partecipazione alla vita della Chiesa.

 

Il Vangelo non ci detterà la scelta, ma aprirà degli orizzonti al nostro desiderio: «Fu detto… Io vi dico… Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 5,26; 6,33); «Siate anche voi dove sono io… La volontà del Padre mio è che portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 14,3; 15,16). Il Vangelo non ci dirà quello che bisogna fare, ma ci chiamerà in tutte le cose alla perfezione della carità: «Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste… amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati… colui che non perdona il fratello di tutto cuore…» (Mt 5,48; Gv 15,12; Mt 18,35). La Chiesa potrà anch’essa rivolgerci degli appelli… ai ministeri, alla vita consacrata, a questa o a quella forma di servizio, ma qualunque siano le sue necessità, essa non vincolerà mai qualcuno in una via particolare senza essersi assicurata del suo libero consenso. Per aiutarci nella nostra risposta, essa ci ricollega ad una folla immensa di testimoni nei quali ci insegna a riconoscere dei fratelli. Le loro vite, le loro scelte sono là davanti a noi, come altrettante chiamate, non ad imitarli, ma a seguirli. Francesco d’Assisi, Ignazio, Teresa… sono unici e inimitabili, ma le loro vite sono per noi altrettanti inviti a inventare a nostra volta la risposta che giungerà a glorificare Dio. E se ci sforziamo di ritrovare quello che essi hanno vissuto, vedremo che non vi è niente di meno prevedibile e di meno programmato della loro vita.

 

Essi hanno cercato la volontà di Dio con tutto il loro cuore, hanno avuto una coscienza assai viva di esser stati prevenuti, preceduti dall’amore di Dio, un amore che non finiscono mai di riconoscere nell’azione della grazia. Nella loro scelta, essi hanno proceduto a tentoni, esitato, talvolta dubitato, per affidarsi infine allo Spirito che li guidava verso il Regno. Essi hanno saputo vedere la grazia negli eventi più disparati, glorificando Dio nella prova come nel successo. La continuità, la coerenza che ammiriamo nella loro vita si sono rivelate soltanto a posteriori, una volta che si è potuto abbracciare in un unico sguardo un cammino percorso in buona parte a tentoni. Si pensi ad esempio alle scelte successive che hanno segnato l’itinerario spirituale di Charles de Foucauld.

 

Molto più che una programmazione rigorosa, ciò che caratterizza la vita dei santi è la qualità della loro reazione spirituale davanti a qualsiasi evento, fosse anche il più inatteso. Non sempre si è ben compreso la frase di Pascal: «Gli eventi sono dei maestri che Dio ci dà per aiutarci a servirlo». Non facciamogli più dire quello che non vuol dire. Gli eventi non sono un quadro in cui Dio ci racchiude; non sono gli eventi a fare il santo. Essi sono i materiali che ci vengono dati per costruire la nostra risposta. La risposta recherà il segno del materiale utilizzato, ma più ancora quello dell’architetto che noi siamo e che ne è responsabile. Non si può far tutto con tutto, ma si può sempre fare di una vita un’opera. L’amore può fare scaturire la santità nei peggiori contesti umani: la testimonianza di coloro che hanno consacrato la loro vita all’amicizia degli emarginati, dei diseredati, degli esclusi non cessa mai di ricordarcelo. Ci chiediamo se si possa parlare di una volontà particolare di Dio riguardo a ognuno di noi. La Chiesa, facendoci vivere la comunione dei santi, ci ricorda che sarebbe più esatto parlare d’una risposta personale da parte di ognuno di noi al desiderio di Dio.

 

4. Per il dialogo tra due libertà

 

L’amore di Dio ci precede; non finiamo mai di prendere coscienza e di renderne grazie. Ma come ci ricorda san Paolo, quest’amore «spogliò se stesso» (Fil 2,7) di fronte alla nostra libertà, avendo assunto in eterno per noi la figura di servo. Vale a dire che, chiamandoci alla comunione, Dio non ha altro desiderio che quello di consacrare la nostra libertà, di offirle un orizzonte che la dilati fino all’infinito: «Rimanete in me e io in voi… Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,4.11). Se Dio ha un desiderio riguardo a noi, è innanzi tutto quello di vederci portare frutto: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). Non si può sottolineare meglio l’anteriorità del desiderio di Dio e al tempo stesso il suo augurio profondo: vederci assumere pienamente la nostra libertà come l’amore suscita l’amore, la libertà desta la libertà: quella di Dio desta quella dell’uomo.

 

Parimenti, per apprezzare la qualità spirituale della mia risposta a Dio, bisogna rileggerla dal punto di vista della mia propria libertà. È essa frutto della mia libertà profonda, esprime una vita che assume realmente se stessa? Io riconoscerò che la mia decisione si ricollega alla volontà di Dio, se posso dire che essa mi rende più libero, vale a dire se introduce nella mia vita senso e coerenza, se unifica il mio passato in Lui aprendo un avvenire. Noi, in tal punto, tocchiamo una delle caratteristiche più profonde di una decisione spirituale. Essa giunge a unificare ciò che nel mio passato non era altro che una serie di tocchi successivi. Essa giunge a tessere nella mia memoria dei legami che non avevo ancora percepito, a introdurre nella discontinuità apparente dei miei momenti di grazia e delle mie debolezze una continuità nuova. E al tempo stesso, essa mi apre un avvenire: il passato così riunificato fa apparire delle possibilità nuove. Quello che sarebbe sembrato impossibile o senza senso diviene naturale. Allorchè, al suo ritorno da Gerusalemme, Ignazio di Loyola prende la decisione di andare a scuola, tale scelta unifica tutto un passato di momenti di grazia attorno a una mozione spirituale riconosciuta come fondamentale: il desiderio di aiutare le anime. Esso si apre un avvenire che Ignazio ancora non percepisce, ma che va a iscriversi nella logica di questa scelta: la fondazione della Compagnia di Gesù.

 

Egli potrà dire in verità che questa fondazione è interamente opera di Dio, il cui amore l’ha preceduto e guidato attraverso tutte le tappe della sua vita. Noi, da parte nostra, possiamo dire che è l’opera di Ignazio, della sua generosità, della sua fedeltà, della sua lucidità: essa reca il segno della sua libertà. Si deve dunque parlare di una volontà di Dio? Se sentiamo bene che ogni alternativa di questo tipo trascura la verità profonda: quella di un incontro, d’una comunione di due libertà che si trovano in un’opera comune.

 

5.  Per il bene di tutto il corpo

 

Parlare di una volontà particolare di Dio su ciascuno di noi esige una precisazione. Nella Bibbia ogni vocazione è individualizzata: degli uomini, un popolo. Ma san Paolo ci ricorderà che ogni grazia viene concessa per il bene di tutto il corpo. Se si vogliono rievocare le grandi tappe della storia della salvezza, si vedranno comparire dei nomi: Abramo, Mosè, Davide, i Profeti, Gesù. Dei nomi propri con i loro destini particolari, ma nessuno di loro può comprendere se stesso senza riferirsi al suo posto nella storia comune. I santi esistono soltanto nella comunione dei santi, nel cammino del popolo di Dio verso il Regno. Parimenti, discernere la volontà di Dio riguardo alla mia vita significa interrogarmi sempre sul mio posto all’interno del Corpo di Cristo. Non quello che mi sarà assegnato, ma quello che posso, che desidero occupare. Che membro sarò io per il bene di tutto il Corpo? Là, la risposta appartiene ancora a me, e Dio da me l’attende, nuova e generosa, per rallegrarsi della mia solidarietà, così come si è rallegrato della mia libertà.

Siamo soggetti ad una volontà particolare da parte di Dio? Dobbiamo discernere le chiamate di Dio nella nostra vita, e sarebbe insensato dire che non ve ne sono. Dio non cessa mai di crearci mediante la sua Parola; noi esistiamo soltanto in questa Parola che oggi ci chiama alla vita. Tocca a noi riconoscere le parole molteplici che traducono questa Parola creatrice, come un bambino si fa attento alle parole che lo chiamano ad uscire da se stesso. È spesso nel tentativo di rileggere la nostra vita sotto lo sguardo di Dio, che diveniamo sensibili agli appelli che ci rivolge. Più che una precisa volontà, espressa in una regola di vita, questi appelli ci riveleranno il desiderio di Dio, la sua attesa e la sua speranza: vederci inventare a poco a poco la nostra risposta. Potremo dunque accogliere senza angoscia le esitazioni, i fallimenti e le ambiguità delle nostre scelte. Come diceva Emmanuel Mounier: «Dio è abbastanza grande da fare una vocazione anche dei nostri errori». Vi sono molte dimore nella casa del Padre: Dio attende che là noi edifichiamo la nostra; Lui lavora assieme a noi. (Michel Rondet)

 

 

Alla domanda che ci siamo posti possiamo dunque rispondere che non esiste in Dio una programmazione prestabilita, una specie di copione, un prototipo di tutte e di ognuna delle nostre decisioni e scelte libere che mostri come devono essere e come devono avvenire. Dio rimane certo l'agente primo, la causa prima, ma la sua attività impercettibile si inserisce in quella delle cause seconde, rispettando la loro autonomia tipica. Perciò l'uomo rimane l'unico responsabile del proprio destino.

 

Si può parlare di una volontà di Dio, di un "piano" di Dio  su ciascuno; ma questo piano, questa volontà è che ciascuno di noi cresca sulla linea del proprio essere profondo  e autentico di figlio di Dio e della propria identità nelle varie situazioni che incontra nella vita. Questo cammino che ciascuno è chiamato a percorrere non è ancora tracciato, e il discernimento da operare non consiste nel cercare di scoprire quel qualcosa che esisterebbe in Dio ma che resterebbe nascosto per me, bensì nell'inventare momento per momento il mio cammino, non certo con operazioni di fantasia, ma nella preghiera e nella riflessione su ciò che sono e su ciò che mi sento/penso chiamato ad essere.

 

Dio sta aspettando di stupirsi e di gioire della mia risposta generosa e creativa che Egli sosterrà con la Sua grazia, ossia con l'ispirazione dello Spirito Santo che agisce in me infondendomi quell'energia interiore che deriva dai suoi sette doni (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio). L'uomo è chiamato a mettersi in ascolto dello Spirito, docile a ciò che gli rivela riguardo alla corrispondenza delle sue decisioni alla volontà di Dio.

 

Ma lo Spirito è discreto, nascosto, mentre l'uomo con la sua personalità è in primo piano. Il risultato, che è il discernimento, è sintesi delle due presen­ze e delle due attività.

 

Come non esiste un destino già scritto, così in Dio non esiste neppure quella soluzione perfetta dei nostri problemi che solo la debolezza della nostra intelligenza o gli attaccamenti disordinati del nostro cuore ci impedirebbero di scoprire. Semplicemente non si dà soluzione perfetta: siamo nell'ordine del contingente e del limitato! "...tutto concorre al bene di coloro che amano Dio...!" (Rom. 8,28): anche una soluzione imperfetta e che magari può avere o comportare degli inconvenienti, può condurre a Dio. Dio dunque lascia l'uomo alla propria libertà e alle proprie scelte (Sir. 15, 14).

 

La volontà di Dio intesa in questo senso è dunque l'oggetto primo del discer­nimento spirituale di cui parliamo, che si va delineando come l'arte di sco­prire la volontà di Dio nelle situazioni concrete della vita che siamo chiama­ti ad affrontare tutti i giorni.

 

 

 

CONSOLAZIONI  E  DESOLAZIONI  SPIRITUALI = il linguaggio di Dio

 

Il discernimento è posto in atto per riuscire a capire quali atteggiamenti dobbiamo assumere, quali decisioni dobbiamo prendere per progredire nel cammino della vita realizzando le aspettative d'amore che Dio ha su di noi. Per capire a cosa Dio ci chiama occorre prendere in esame le mozioni spiritua­li (consolazioni e desolazioni, cioè stati d'animo che hanno per oggetto Dio, il suo Regno...) che  nascono nel nostro cuore quando dobbiamo prendere una decisione, quando meditiamo su un brano della scrittura, quando viviamo una determinata esperienza.

 

Importante perciò avere le idee il più precise possibile su cosa sia la conso­lazione e la desolazione e cosa siano i "diversi spiriti". Le indicazioni e le "regole" che Ignazio ci offre nel libretto degli esercizi spirituali (dal n. 313 al 336) specificano appunto questi due elementi (conso­lazione e desolazione) partendo da una base esperienziale vissuta da lui stes­so. Ignazio non vuole certo trasferire in altri automaticamente  la propria  esperienza,  ma ricava da essa le "leggi" del comportamento  dello  Spirito buono e  dello spirito del male; ricava ed offre quindi il "succo"  universale  dell'esperienza stessa vissuta fin dall'inizio della sua conversione  (vedi Autobiografia nn. 8-10; 14-15; 20-32).

 

Dio non ha altri possibilità di comunicare con noi se non passando  attraverso il nostro vissuto: cioè a suscitando in noi degli stati d’animo (=mozioni, movimenti…) di desiderio del bene e di rifiuto del male. Se la sua Parola non entra nel “cuore” suscitando qualcosa…è parola inesistente.

Mozione spirituale è un sentimento, uno stato d’animo, un desiderio, un’attrattiva, sia positivi che negativi, che si fa presente in noi (evocato da varie cause interne o esterne) e che ci invita, spinge ad assumere un atteggiamento, a prendere una decisione, a fare un'azione. Possono presentarsi sotto la forma di consolazioni o desolazioni.

 

La consolazione (EE.SS. n. 316) è un insieme  di  sentimenti  spirituali positivi, fra i quali è sempre presente come elemento caratterizzante la pace, che porta ad un aumento di fiducia, abbandono ed amore nei confronti di Dio.

Si esprime in sentimenti di gioia, gratitudine, meraviglia, ammirazione, speranza, gusto spirituale. Anche dispiacere, dolore per, ma senza inquietudine e scoraggiamento.

Tali sentimenti possono essere accompagnati da commozione intensa: ...anima infiammata, ...lacrime per l'amore del suo Signore ...o per il dolore dei propri peccati o per la passione di Cristo che ci rivela il suo amore per noi peccatori: ciò però non necessariamente, nè necessariamente in forma in  intensa avvertibile e visibile a livello psicologico. Non siamo a livello psicologico, ma a livello di fede! Occorre essere abituati a "cogliere" il proprio mondo interiore per rendersi conto talvolta della presenza del riflesso psicologico, che può essere tenue o appena percepito, dei sentimen­ti spirituali.

Ecco alcune modalità con cui si fa presente la consolazione:

 

 Gioia spirituale: non si tratta di gioia necessariamente psicologica, e neppure di un'euforia fisica o di un piacere estetico, ma del gusto di Dio. Siamo felici di essere con Lui, di servir­lo, di spendere la nostra vita per i fratelli e per il suo Regno. Siamo felici che Lui sia Lui, cioè Dio d'amore, di fiducia nell'uomo.

 

 Fiducia: non è ingenuo ottimismo, ma certezza di fede che Dio ama l'uomo, ogni uomo e tutta l'umanità, e costruisce, con immenso affetto e intelligenza rispettosa della libertà, il bene di ciascun uomo e di tutta l'umanità... proprio all'interno della storia di questa umani­tà.

 

 Pace profonda: non è assenza di disagio o di lotta interiore (tipo l'"atarassia" stoica o il "Nirvana" buddista); è invece una pace attiva, fatta di fiducia in Dio, quella che dona Cristo ("Vi do la mia pace, non come la dà il mondo..."); è l'espressione di un accordo profondo tra me e Dio, tra i piani di Dio ed i miei desideri e le mie aspirazioni... poiché mi sono offer­to a Dio e accetto completamente i suoi desideri su di me.

 

Gratitudine: siamo grati, meravigliati, ammirati di quanto Dio, nel suo amore, fa per noi e per il mondo.

 

 Commozione: ci sentiamo l'anima infiammata, attirata dal bene, ci commuoviamo ( talvolta può essere fino alle lacrime)  gustando l'amore del Signore o la sua misericordia per i nostri peccati.

 

Quando la fiducia, la speranza e l'amore abitano in me, perché sento che il Signore mi ama, veglia su di me con amore, non mi abbandona, tutte le mie energie vengono potenziate, dinamizzate, mettono le ali. Allora tutto diventa grazia: ciò che appare profano diventa sacro, pieno di Dio e del suo amore. Allora sono capace di amare Dio, il prossimo e me stesso in ogni cosa, in ogni circostanza. Neppure il male, la sofferenza, la difficoltà, il rifiuto spengono questa energia di vita e di speranza.

La consolazione dunque è ogni presenza e crescita di  fede, speranza e amore in tutte le loro espressioni. 

 

La desolazione (EE.SS. n. 317) è un insieme di sentimenti spirituali negativi, di pesantezza spirituale, che portano ad una chiusura in se stessi con il proprio problema, una sensazione  di  non senso della vita dal cui orizzonte Dio scompare completamente, o risulta sempre più sbiadito.

Può assumere diverse forme: disagio, inquietudine, turbamento, smarrimento, pigrizia spirituale (accìdia), aridità, tristezza, disperazione, paura. Sia l'una o l'altra forma, l'elemento comune delle desolazioni è la mancanza di pace spirituale profonda.

 

Ecco alcune modalità con cui si fa presente la desolazione:

 

Oscurità: siamo smarriti, non ci è chiaro dove vogliamo andare; le decisioni e le scelte che ieri avevamo fatto con tanta sicurezza, ora diventano incerte. Sorgono dubbi di fede, dubbi che Dio ci ami, che si occupi di noi, che sia misericordia.

 

Tristezza spirituale: proviamo un'insoddisfazione diffusa di cui non riusciamo ad individuare le cause. Sentiamo indifferenza nei confronti di Dio, abbiamo l'impressione che sia insignifi­cante per noi, per il mondo.

 

Fascino del sensibile: siamo portati a dare valore solo,  o soprattutto, ai mezzi umani, come se la Provvi­denza e la Grazia non esistessero più.

 

Tormenti e inquietudini: siamo presi dagli scrupoli, abbiamo sempre paura di sbagliare sempre e l'impressione di non far altro che sbagli,  paura di cedere alla tentazione, paura che Dio ci chieda troppo, paura di non rispondere adeguatamente a ciò che ci chiede.

 

 Aridità del cuore: abbiamo l'impressione che Dio sia assente, che ci abbia abbandonato; ci sembra inutile pregare, ci sentiamo incapaci di farlo e nemmeno ne abbiamo voglia; ci viene da lasciar perdere tutto, da chiuderci in noi stessi e di non occuparsi altro che di sè.

La desolazione è dunque ogni assenza o calo di fede, speranza e amore in tutte le loro espressioni.

 

Non è però da confondere con la depressione: questa è uno stato psicologico, quella è uno stato spirituale. Piano psicologico e spirituale sono invece distinti: si può essere depressi e nella consolazione, come pure desolati in momenti psicologicamente soddisfacenti. La depressione diventa desolazione quando raggiunge l'ambito spirituale intaccando la nostra fiducia, la nostra fede, il nostro amore, la nostra speranza (ad esempio, quando un de­presso incolpa Dio della propria situazione o lo accusa di non far nulla per tirarlo fuori, allora cade nella desolazione)

 

N.B.: attenzione a non confondere le mozioni affettive con le reazioni istintuali.  Anche queste ultime hanno un impatto emotivo molto intenso  (si pensi, ad esempio, alle pulsioni sessuali, alla paura di fronte al pericolo) ma nascono come risposta a bisogni immediati, non dal profondo del nostro essere.

 

 

 LE TAPPE DEL DISCERNIMENTO 

 

 

1. L'INFORMAZIONE: si tratta di raccogliere tutte le informazioni necessarie, utili e sufficienti circa il problema su cui mi accingo a fare discernimento. Durante tutto il cammino terrò presenti queste informazioni...ecco quindi l'utilità di scriverle...perchè la memoria dimentica. Delle informazioni fanno parte anche i miei sentimenti, il mio  lavoro, la  mia  relazione  con  la  chiesa, l'Istituto, la mia esperienza, la mia storia passata, dell'ambiente in cui vivo, del mio stato di vita....

 

2. PRECISARE LA QUESTIONE  che intendo sottomettere al discernimento cercando di ridurre  il tutto ad una alternativa. Si tenga presente però che l'alterna­tiva non può essere la negazione della prima ipotesi, ma qualcos'altro di diverso. Per es. non è ben posta l'alternativa se mi chiedo "Mi sposo o non mi sposo"? dal momento che la seconda ipotesi è la semplice negazione della prima. Nel caso di discernimento del problema la domanda dovrebbe essere posta in questo modo: " scelgo di sposarmi o scelgo di ...restare single ?...farmi religioso/a ? Sacerdote ?. Altro  esempio, valido per i religiosi: un superio­re non ordina, ma propone  alla persona la possibilità di trasferimento ad altro incarico e luogo, ma lascia la persona libera di dire sì o no. In tal caso l'alternativa corretta non è "accetto di andare o non accetto", ma "accetto di andare  nel nuovo luogo assumendomi la responsabilità di ricomin­ciare altrove un nuovo lavoro, o continuo il mio lavoro restando qui ?".

 

3. METTERSI NELL'INDIFFERENZA verificando il proprio stato d'animo, i propri desideri...se mi sento pronto a scegliere quello che il Signore mi manifesterà come sua volontà...anche se avrà qualche costo.

        L'indifferenza ignaziana  non è l'assenza di sentimenti o preferenze, ma è la libertà, disponibilità, accoglienza  di fronte alla volontà di Dio. Non si raggiunge però con la concentrazione volontaristica su di essa. E' infatti libertà di fronte ai "gusti". Al fondo di questo atteggiamento c'è l'esperienza dell'Assoluto, cioè un grande amore per il Signore. Ogni grande amore relati­vizza e lascia liberi di fronte a tutti gli altri amori. Quindi è una indiffe­renza  di preferenza per Dio di fronte a tutto ciò che può presentarsi come concorrente. La via più rapida ed efficace per arrivare all'indifferenza è quella di far esperienza e gustare l'amore del Signore.

 

4. LA  DELIBERAZIONE:  è la fase del discernimento propriamente detto. Consi­ste nell'analizzare, valutare, distinguere, mettere in relazione i vari ele­menti (compresi i miei sentimenti e reazioni) collocandoli nell'orizzonte globale, cioè nell'insieme, e cogliendo il "peso affettivo" che hanno nell'orientarmi verso un' alternativa o l'altra.

 

5. LA VALUTAZIONE DELLE MOZIONI che è la punta fine del discernimento, ove il discernimento diventa propriamente spirituale. Probabilmente tante mozioni erano presenti fin dall'inizio del processo, ma ora le prendo in considerazio­ne specifica. Qui la persona diventa più "passiva"; si limita a prendere coscienza di ciò che vive, di ciò che avviene in lei, di ciò che la tocca dentro: è in ascolto del proprio mondo interiore attraverso il quale il Signo­re parla (Il Signore di solito non scavalca ciò che Lui stesso ha creato...cioè non scavalca la mia persona col suo bagaglio psicologico, di storia, di situazione, di sentimenti...ma si inserisce e agisce attraverso la natura.).

         E' qui che occorre intensificare la preghiera e tenere costantemente il cuore purificato...perchè è la fase in cui accolgo il Signore che mi rivela la sua volontà.

           E' chiaro che non sono solo chiamato a prendere coscienza dei miei senti­menti spirituali, ma anche a  leggerli, cioè a capire cosa significano analiz­zandone l'origine (tale sentimento, reazione deriva da che cosa: dal mio piano fisico, da quello psicologico, da quello spirituale, dal Signore, dal Nemico ..?   ecco  l'importanza  di conoscere bene se stessi) e lo scopo (...dove mi portano: verso il Signore, la crescita in me e nel mondo del suo Regno, la presenza più profonda di Cristo nella mia vita...?) 

         E' qui che vengono utilizzate al meglio le  regole  del  discernimento "degli spiriti". Ci sono sentimenti  spirituali  o stati  d'animo   che nascono e vengono da un primo livello di reazione o di gusto o di rifiuto che è quello della istintività o della spontaneità.  Stati d'animo ben diversi possono nascere e permanere ad un livello profondo, cioè a quel livello di noi stessi che raggiungiamo quando,  arrivati all'indifferenza, contempliamo lo stile di Cristo, (...quello delle  Beatitudini...!) i suoi "gusti" o le sue preferenze, le  esigenze  del Regno di Dio...

   

     La pace e la gioia profonde (= quelle cioè che si vivono al livello profondo di noi stessi, anche se permane la sofferenza per quegli aspetti che non piacciono alla nostra istintività, e per i "costi" che si prevedono nell'attuazione di ciò che mi si è manifestato come desiderio-progetto di Dio su di me) sono,  generalmente, il segno della conferma da parte del Signore che abbiamo trovato la sua "volontà". Ogni decisione che porta alla scoperta e all'attuazione della volontà di Dio su di noi è sempre una...gioia pasquale !

    

     Non bisogna aspettarsi la chiarezza e l'evidenza matematica: è la conver­genza di più ragioni che fa sì che io possa prendere una decisione libera, con gioia...pasquale

 

6. LA DECISIONE: quando la persona si sente  consolata e illuminata sufficien­temente (il giudizio sulla sufficienza della luce e della consolazione spetta alla persona e alla guida spirituale), allora cessa di discernere e prende la decisione...che è importante formulare e scrivere in termini chiari.

        Possono insorgere, al momento della decisione delle paure, delle proie­zioni, abitudini; possono farsi presenti delle pressioni sociali anche sotto l'apparenza di bene, turbamenti psicologici. E' lo spirito del male che tenta di distruggere e invalidare quanto il Signore ha costruito. Se il processo del discernimento è stato corretto e la presa di decisione è stata "pasquale" questi elementi successivi di paura ecc...provengono certamente dallo spirito del male. La gioia e la consolazione che accompagna la decisione è già una prima conferma.

 

7. L'OFFERTA AL SIGNORE nella preghiera, e attesa della sua conferma o meno. La conferma o non conferma si riceve attraverso l'esperienza delle consolazioni e desolazioni. Con le prime il Signore conferma, con le seconde il Signore richiama  alla rivisitazione del discernimento operato per precisarlo, approfondirlo o rifarlo con il rigore della presenza di tutti gli elementi necessari: può darsi che qualche elemento sia stato dimenticato, trascurato o non sufficientemente approfondito. 

 

8. L'AZIONE: dopo la decisione e la conferma passo all'azione, cioè alla realizzazione pratica nella vita concreta di quanto il Signore mi ha rivelato come sua volontà. Ciò non mi dispensa dal rimanere attento, in stato di discernimento: ci sono ulteriori conferme che il Signore mi farà incontrare che sono chiamato a cogliere e leggere (cioè a discernere), ci sono delle verifiche da fare dopo un certo tempo.

Uno dei modi di rimanere serenamente in stato di discernimento, in stato di vigilanza è la pratica dell'esame spirituale di coscienza.

  

 

 

CRITERI EMPIRICI PER IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

 

 

 

Riassumo in questa tavola sinottica un insieme di criteri elaborati tenendo conto dell'esperienza. Tutti gli autori si riferiscono a SCARAMELLI: Discerni­mento degli spiriti. L'ordine è personale. Quando il nostro mondo interiore è abitato e guidato da certe “mozioni” (stati d’animo, sentimenti, desideri, propositi…) sappiamo quale “spirito” ci abita e ci guida.

 

 

  SPIRITO BUONO                                                                SPIRITO DEL MALE

 

1. L'intelligenza                                                                          1. L'intelligenza

 

   - Luce nello spirito                                                                     - Oscurità

   - Ricerca della verità                                                                  - Compiacenza nella menzogna

   - L'intelligenza è illuminata anche se restano                        - Tenebre o false luci nella immaginazione        

     delle oscurità quanto ai tempi e ai modi                                         

  

 

2. Coscienza morale                                                                          2. Coscienza morale

 

   - La coscienza è retta                                                                     - Disordine della coscienza

   - Docilità                                                                                          - Ostinazione di giudizio

   - Pensieri d'umiltà                                                                           - Orgoglio, vanità, futilità

   - Discrezione                                                                                   - Eccesso, esagerazione

   - Fiducia in Dio                                                                               - Presunzione o disperazione

   - Retta intenzione                                                                           - Intenzione tortuosa

   - Semplicità, sincerità                                                                     - Doppiezza, simulazione

 

 

3. Agire                                                                                                       3. Agire

 

   - Comportamento evangelico                                  - Ignoranza delle esigenze del vangelo

   - Imitazione del Cristo                                               - Allontanamento dal Cristo , anche se se ne parla in maniera astratta

                                                                                                                     

   - Carità dolce, paziente, dimentica di sè.                 - Orgoglio o falsa umiltà

(in parole, non nei fatti)

                                                                                                          

   - Mortificazione interiore                                            - Ribellione delle passioni

                                                                                             o rilassamento della disciplina personale                                        

   - Pazienza nelle sofferenze                                          - Impazienza nelle prove

                                                                                             del corpo e dell'anima

 

4. Affettività (Gal.5, 18-23)                                                                 4. affettività

 

   - Frutti dello Spirito:                                                         - Frutti della "carne":

   - Pace interiore, gioia                                                       - Turbamento, inquietudine

   - Libertà di Spirito                                                            - Attaccamento alle cose terrestri.

                                                                                                                                                        

 

  

Ci sono altri criteri per il discernimento degli spiriti e per giudicare se una decisione si colloca o meno sulla linea della volontà di Dio. Li distinguo in criteri oggettivi e criteri soggettivi. Quando convergono è il segno certo che quella è volontà di Dio.

 

 

 CRITERI OGGETTIVI 

 

 

1. Continuità con la grande tradizione  della fede biblica, quella che "i nostri Padri" ci hanno trasmesso e che la Chiesa ci offre. La mia decisione è in linea con tutto ciò ?

 

 

2. L'insegnamento fondamentale della chiesa, che è Cristo che continua, che è mistero e sacramento di salvezza: é la mia decisione conformealla grande e fondamentale tradizione della chiesa ?

 

 

3. Le costituzioni che traducono l'ispirazione e il carisma del mio Istituto: è la mia decisione conforme ?

 

 

Ci sono vari autori poi che completano e specificano alcuni criteri per giudi­care se una decisione è volontà di  

Dio. Ne riporto alcuni...

 

 

G. Cusson:  1. Lo Spirito continua ciò che ha iniziato in noi (perciò bisogna riferissi frequentemente al passato della sua azione in noi per coglierne l'attualità, in un presente difficile talvolta a discernere)

                 

                      2. Capita che lo Spirito compia la sua opera attraverso strappi, devastazioni violente, cambiamenti bruschi di orientamento che sembrano non essere in continuità con quanto ha preceduto. E' con riferimento al passato, alle rotture apparenti del passato che le stesse rotture del presente potranno rivelarci le continuità profonde di  un cammino insospettato: lo Spirito integra ogni rottura.

               

                      3. E' sempre per il nostro bene che lo Spirito agisce, domanda, prova, consola.

Se la decisione si colloca in questa continuità profonda, ciò costituisce uno dei segni che è la volontà del Signore.

 

 

Rondet:  1. Se rimette l'uomo "in piedi"= ridona fiducia, speranza, ottimismo,  sguardo al futuro...

2. Se rimette l'uomo  in relazione...

3. Se tende a creare comunione universale...

4. Se tende a costruire un mondo che si prenda cura dei poveri

 

 

La Place:  1. Se mi porta a confessare che Gesù è il Signore (=all'atto di fede  che accoglie Cristo come mio         

                    salvatore)

                 2. Se porta alla carità fraterna...

                 3. Se porta alla coerenza con la chiesa....

 

 

Sobrino: 1. Se porta alla preferenza per  i poveri...

               2. Se porta ad un amore che si trasforma in impegno efficace..

               3. Se porta all'amore che diventa fame di giustizia

               4. Se porta ad assumere un amore conflittuale: = un amore che rimane  anche quando assume la                 

                 funzione profetica della contestazione.

 

 

 

In ogni autore si sente l'influsso dell'ambiente in cui vive: un canadese francese (Cusson) di ambiente francese (Rondet e La Place) e uno dell'America Latina (Sobrino). I vari criteri non si escludono, ma si completano. E' evi­dente che il Signore parla al cuore attraverso la realtà del proprio contesto sociale, culturale...e questa realtà diventa il linguaggio di Dio per rivelar­ci le sue chiamate, la sua volontà. Il discernimento spirituale infatti è il PUNTO DI INCONTRO TRA PREGHIERA E REALTA'. Tre infatti sono i poli del Discer­nimento: Dio con la sua volontà, io con i miei desideri, la realtà con i suoi messaggi e le sue provocazioni.

  

 

CRITERI SOGGETTIVI

 

 

 

1. A livello dell'intelligenza (o razionale) il criterio oggettivo è la chia­rezza con cui scopro e vedo ciò che Dio vuole.

 

2. A livello affettivo è l'attrattiva  che sento in me, al mio livello profon­do, intimo, verso ciò che mi si rivela come volontà del Signore. Attenzione che si tratta non di un attrattiva di tipo istintuale, ma spirituale...di desiderio di Dio, della sua volontà...

Il livello affettivo è più consono, più..."vicino" alla vita spirituale.  Parliamo  evidentemente  del livello affettivo di un cuore purificato.

 

 Nella conoscenza (come attività intellettiva, come atto conoscitivo) c'è una "appropriazione intenzionale" nostra nei riguardi dell'oggetto. Questi viene "preso" dalla mente che se lo appropria.

 

 Nel movimento "affettivo" invece io esco da me, vado verso l'altro perchè l'altro mi...attira (ad-tira).

Nell'esperienza spirituale, particolarmente nel Discernimento, sono attirato dal Signore.... (..Tu mi hai sedotto, Dio! ...perchè anch'io sono stato preso da Lui.... Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi...). Questo essere attirato diventa in me l'attrattiva per la sua volontà, diventa criterio di autenticità...perchè ho esperienza di Dio, dei suoi gusti, dei suoi desideri...perchè è da tanto tempo che ci conosciamo e ci frequentiamo.. E' quella che viene chiamata, con un termine espressivo la connaturalità

 

 

3. Il grande criterio soggettivo è la pace e la gioia  che si chiama anche consolazione. E' lo stato normale del cristiano essere consolato. Questa pace e gioia però non è ancora un dato definitivo. Su di essa la mia intelligenza è chiamata a dare il suo giudizio cercando di coglierne l'origine (dal piano fisico, psicologico, morale, spirituale...?, dal piano superficiale o profondo ?) e il significato (è segno di Dio o inganno dello spirito del male che si traveste in angelo di luce ? )

    

    Come distinguere i livelli da cui provengono le "consolazioni" ? Non c'è un criterio esteriore, non esiste uno stratagemma per questo. Ciò che mi aiuta e che mi dà sicurezza è:

   * L'esperienza e la conoscenza di me stesso, degli strati della mia personalità, dei livelli e dei significati dei miei sentimenti, del nucleo profondo della mia personalità;

     * e l'intelligenza illuminata dallo Spirito Santo...il che significa la qualità (=profondità e consistenza e "sensibilità" della mia vita spirituale.

 

 

 ...quali altri criteri esistono a vostro parere ? La conferma di una "autori­tà" ? i frutti pratici positivi ? (ma per questi bisogna attendere l'attuazio­ne della decisione scaturita dal processo del discernimento...mentre io ho bisogno di criteri senza attendere necessariamente i frutti pratici: se atten­do i frutti di una decisione per prendere la decisione, non la prenderò mai !). La previsione dei frutti ? ..e se la previsione si rivela errata?  Il parere della guida spirituale ? (ammesso di poterla sempre avere a portata di... consultazione ! Una buona guida spirituale si pronuncerà sulla corret­tezza o meno del processo del discernimento...non sul merito della decisione scaturita dal processo stesso !...e allora ?

 

 

 

 

 

METODO PRATICO PER IL DISCERNIMENTO SPIRITUALE PERSONALE

 

 

FASI INIZIALI PREVIE

 

 

1. Un dubbio, una "tensione" (=disagio) si fa presente nell'animo di fronte  ad una circostanza che richiede una scelta di una certa importanza  nella mia vita. Il mio mondo interiore, i miei sentimenti spirituali (=dove sta la volontà di Dio) non sono ancora chiari del tutto, sono tentennanti o ambivalenti circa il caso specifico: non mi è chiaro ancora dove si colloca per me la volontà di Dio.

 

2.  Se non devo operare la scelta con urgenza, comincio a riflettere sul problema.

 

3.  Mi concedo tutto il tempo necessario e utile per raccogliere  tutti i dati, le conoscenze e le informazioni possibili sul problema specifico per arrivare alla formulazione più chiara possibile delle  alternative.

 

4.  Cerco di ridurre le alternative all'essenziale e ad una formulazione ben precisa: ho davanti a me le prospettive x e  y.  So quindi che la volontà di Dio sarà in  x o in  y. Non sono distratto da altre prospettive.  Attenzione a non ridurre la seconda alternativa alla semplice  negazione della prima (es .mi sposo o non mi sposo)

 

5. Verifico la mia libertà interiore di fronte alle pressioni i interferenze della mia emotività-istintualità (questi, generalmente, sanno subito ove dirigersi!) : sono emotivamente/istintivamente attaccato già in partenza ad una alternativa al punto tale da non essere disponibile all' altra ? da non sentirmi libero ?

     Se non  sono libero, inizio a riflettere e a pregare per rendermi libero e totalmente disponibile alla volontà di Dio nell'ambito specifico di questa scelta. Quando mi sento libero e totalmente disponibile entro nella fase del discernimento vero e proprio

 

 

DISCERNIMENTO VERO E PROPRIO

 

 

1. Mi metto alla presenza del mio Signore, nella fede, come faccio nella mia preghiera di ogni giorno.

 

2. Richiamo alla memoria chi sono davanti al Signore: la mia identità spirituale personale, la mia "storia santa", la linea delle chiamate del Signore e dei miei desideri profondi, la mia "vocazione" e la mia missione specifica nell'ambito della chiesa, il mio stato di vita, le mie responsabilità, le mie attrattive spirituali profonde, i valori che hanno guidato e guidano la mia vita... (ciò con una visione generale senza rimemorare tutti i particolari: serve a ricollocarmi nel senso della mia vita in relazione al Signore)

 

3.  Cerco di sperimentare la mia relazione intima col Signore, cioè vivere "l'io-Tu". Non rifletto su questa relazione, ma cerco di viverla, sentirla, sperimentarla, lasciarla emergere/penetrare profondamente in me.

 

4.      In questa presenza al Signore scelgo una delle due alternative (farò x. A questo punto è come se y non esistesse), la offro  al Signore, e ascolto quali stati d'animo provoca in me questa scelta. Gli

 

5.      stati d'animo non sono le reazioni emotive-istintive immediate (sarebbero, generalmente, quelle dell' homo carnalis!), ma ciò che sento come  persona di fede, cioè come homo spiritualis.

 

    Mi rendo cosciente degli effetti di questa scelta nella mia relazione col Signore: la fa crescere? Fa crescere  la mia fede ? Fa crescere Cristo e il suo "stile" in  me ?  Quali costi (sacrifici, rinunce...) richiede questa scelta ? Quali  mozioni (reazioni spirituali) porta nel mio animo: pace, gioia, fiducia, amore del Signore, amore ai fratelli, speranza (=consolazione)... oppure agitazione, tristezza, oscurità, ribellione, ansia spirituale, dubbio, calo di fede... (=desolazione) ? Mi fa sentire più "vicino" o più lontano dal Signore ? (E' necessario prendere nota scritta di tutte queste mozioni!)

 

6.  Ora prendo in considerazione (=come se scegliessi) l'altra alternativa: farò y ! E su di essa seguo lo stesso procedimento seguito per la prima alternativa (vedi n° precedente), prendendo accuratamente nota scritta delle varie mozioni che provo, della loro  origine (=da che livello di me emergono?) e del loro significato (dove mi portano?).

 

7. Terminata  anche  questa seconda fase e avendo preso accuratamente nota di tutto, ho davanti a me il panorama delle mozioni che ho vissuto e del loro significato. Vàluto allora quale delle due alternative mi fa crescere di più come figlio/a di Dio, cioè quale mi fa crescere di più nella mia relazione globale e santificatrice col Signore. 

 

8. Si possono verificare tre situazioni:

 

          8.1.  Vedo chiaramente che una alternativa mi fa crescere come figlio/a di Dio e l'altra non mi fa crescere,  oppure mi fa crescere meno: ho già trovato la volontà di Dio: quella che fa crescere la mia relazione con Dio, anche se è quella che  ha più costi e quella che l'emotività/istintualità rifiuterebbe.

         

          8.2.   Ambedue le alternative mi fanno crescere come figlio/a di Dio in uguale misura (caso piuttosto raro!).  Posso scegliere o l'una o l'altra con libertà : ambedue sono volontà di Dio.

         

                 8.3.  La mia relazione di Figlio/a di Dio non cresce e non diminuisce in alcuna della due alternative (non  vedo cioè chiaramente né un più né un meno), allora vuol dire che non sono in grado di scegliere con il  processo di discernimento vissuto fino al presente: sono chiamato a rifare il processo di discernimento con più diligenza partendo dalle fasi iniziali. Può darsi che abbia dimenticato qualche elemento, che non abbia ascoltato sufficientemente il mio mondo interiore delle mozioni attraverso le quali il Signore mi parla, può darsi che esista una terza alternativa che non ho considerato.

                 Conviene in ogni caso lasciar passare qualche giorno, e poi ricominciare il processo di discernimento. Diventa allora prudente, utile e indispensabile farmi aiutare da una guida esperta nel campo specifico del discernimento spirituale.